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Pupi Avati presenta il suo ultimo film, Una sconfinata giovinezza

3' di lettura

Il regista Pupi Avati ha presentato il suo ultimo film, Una sconfinata giovinezza: storia d'amore con lo sfondo della malattia di Alzheimer

Mercoledì Pupi Avati ha presentato ad Ancona il 42mo film della sua prestigiosa carriera, "Una sconfinata giovinezza". Protagonisti Fabrizio Bentivoglio e Francesca Neri nei panni di una coppia che vede, con la malattia di Alzheimer che colpisce il marito, "tramutare il loro amore in qualcosa di diverso", come ha sintetizzato il regista. Prima della proiezione e del dibattito al cinema Mr Oz, il cineasta bolognese è stato ospite in un incontro tenutosi a Villa Gusso, sede del Centro diurno Alzheimer dell'INRCA. Dalia Ilari, Presidente dell'Ama, ha sottolineato "la dirompenza della scelta di Pupi Avati. il nostro lavoro come associazione si propone di affiancare le famiglie in un percorso di care-giving doloroso". Il Centro Alzheimer dell'INRCA, come ha ricordato la Dott.Patrizia Civerchia, "opera dal 1997. Da allora siamo molto cresciuti pur mantenendo la sua flessibilità necessaria a supportare i bisogni del malato".

"Mi auguro che questo lavoro - ha dichiarato Pupi Avati - esca dai ristretti confini dell'arte. Per la prima volta esco dalle tematiche intimiste care al mio cinema e ne affronto una sociale. Bisognerebbe chiamare questa malattia in altro modo, se no si rischia di banalizzare l'aspetto terribile che di per sè che la caratterizza. Penso che per tale ragione il film, benchè abbia ricevuto lodi e manifestazioni di affetto, non stia riscuotendo successo di pubblico. La gente è terrorizzata da questa malattia. In realtà il film parla di vicinanza, di affetto e di amore, soprattutto". Come è stato toccato dal tema dell'Alzheimer? "Mio suocero - ha continuato Avati - un giorno presentò tutti i sintomi dell'Alzheimer tra cui una sconvolgente emersione di una identità fanciullesca che aveva rimosso. Poi si è scoperto che una caduta gli aveva causato un edema cerebrale, reversibile. Ora mia moglie sta vivendo questo dramma della malattia con la madre, mia suocera". Il cast come si è rapportato a interpretazioni così difficili? "Per un attore fare personaggi come questi è molto affascinante. Abbiamo fatto vedere a Bentivoglio primi piani di persone malate, e lui ne ha studiato lo sguardo. Abbiamo in un certo senso sottorecitato, essendo già la situazione narrativa che produce tensione e dolore".

Pupi Avati si è avvalso nella preparazione del film della consulenza scientifica della Prof. Luisa Bartorelli, Direttore del Centro Alzheimer Fondazione Roma. "Non esiste prevezione specifica per la malattia, a parte forse una buona qualità dell'invecchiamento che ne può rallentare lo sviluppo. Purtroppo non esistono rimedi, se non cure farmacologiche che ne rallentano il decorso. Ancora l'eziologia primaria dell'Alzheimer non è nota: conosciamo solo la patogenesi. Comunque strumenti non farmacologici come l'arte terapia, e nello specifico la musicoterapia, possono far ottenere risultati incoraggianti" - ha spiegato la Prof. Bartorelli.

La chiusura affidata a un emozionato e toccante Avati. "Per un narratore come me, da sempre sensibile al tema della memoria, scivolare come in un tapis roulant nei piani del passato e del presente era una sfida troppo affascinante per non coglierla. La vita in fondo è un pò come l'Alzheimer: un percorso ellittico. Si parte, e nel punto di massima distanza dalla partenza si tocca la ragionevolezza, e la creatività svanisce: il più devastante tra i disturbi della mente. Poi si volge verso la fine e si ritorna all'origine. La nostalgia che sento, nei miei 72 anni, è per l'infanzia, per via San Vitale 51 a Bologna, mio padre e mia madre. Ad esempio per quando mangiavo i gelati. Ho ricominciato a mangiarli. La mente torna a casa. Rientra".





Questo è un articolo pubblicato il 27-10-2010 alle 17:08 sul giornale del 28 ottobre 2010 - 1804 letture