Intelligenza Artificiale, robotica e Metaverso: Il futuro della scuola in mostra a Didacta 2023

Reportage della fiera Didacta 2023. Dai sussidi didattici agli ambienti di apprendimento della scuola 4.0. sempre più tecnologia tra i banchi di scuola. Il reportage dell'ex Dirigente Scolastico Francesco Maria Orsolini all'evento di Firenze
Alla domanda “Lei è favorevole all’uso dell’Intelligenza Artificiale nella didattica?”, un’arguta e ironica insegnante toscana risponde “Ho già tanto da fare in classe con quella naturale, figuriamoci se ora vo a immaginare come usare quella artificiale”.
Siamo alla Fortezza da Basso di Firenze, dove si è svolta nei giorni scorsi la sesta edizione di Didacta, il più importante appuntamento fieristico italiano dedicato al tema dell’innovazione nel sistema scuola. Oltre 300 le aziende provenienti da tutto il mondo, decine di migliaia i docenti presenti, accorsi da molte regioni e istituti italiani, molti dei quali appartenenti al Movimento Avanguardie educative promosso da INDIRE, l’Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa, partner principale della manifestazione fiorentina. Al centro di questa edizione di DIDACTA, che ha registrato un fittissimo programma di seminari e workshop, il lancio del Piano Scuola 4.0, il programma ministeriale di investimento per l’innovazione che utilizza 2,100 miliardi dei fondi specifici del PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) destinati a Istruzione e Ricerca, per complessivi 30,88 miliardi di euro. Fondi destinati soprattutto all’acquisizione di tecnologie innovative da parte degli 8.170 istituti scolastici che hanno presentato i relativi progetti, mentre 500 milioni di euro sono stati finalizzati per finanziare 3.174 progetti presentati dalle scuole per attività di contrasto alla dispersione scolastica.
Rispetto al cronico disinvestimento italiano in Istruzione e Ricerca che da decenni registra il sistema-paese, si tratta di una prima e tangibile inversione di tendenza di cui, peraltro, l’attuale Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha poco merito, visto che si tratta di fondi dell’UE acquisiti dal secondo governo Conte e strutturati in bilancio dal governo Draghi. Abbiamo chiesto un parere a Pierluigi Lanzarini, Ceo (amministratore delegato) dell’azienda “Campus store” : L’economista Donato Jacobucci dell’Università Politecnica delle Marche ha di recente richiamato l’attenzione sul confronto tra i dati del PIL pro capite della Corea del Sud e dell’Italia, in correlazione alla quota percentuale d’investimento in istruzione e ricerca dei due paesi: nell’anno 1970 quello coreano era pari a 2.600 dollari, mentre quello italiano raggiungeva i 19.200 dollari; nel 2021 quello coreano è stato di 43.177 dollari e quello italiano di 38.426, la performance peggiore di tutti i paesi industrializzati. Ma nello stesso anno, e nei precedenti con esiti analoghi, la Corea del Sud risulta aver investito il 4,8 % del PIL in istruzione e ricerca e l’Italia appena l’1,5%. Il risultato è che, sempre nello stesso anno 2021, in Corea la percentuale di popolazione adulta con la laurea o titolo superiore è stata del 51,7%, mentre in Italia è risultata del 20%.
Conosco bene lo scenario dei paesi orientali, anche nei quali opera la nostra azienda con molti partner. Le aziende italiane sono leader mondiali nel campo dell’Ed-Tech (Education Technology) e della sua commercializzazione. Quello della Corea del Sud è un caso molto particolare, di un paese che ha concentrato un investimento eccezionale nell’istruzione e nella ricerca. Per farle un esempio, in Corea quando si svolgono nella stessa giornata i test d’ingresso per le Università, il sistema paese si ferma, uffici e aziende iniziano gli orari di lavoro più tardi per consentire a tutte le famiglie di accompagnare i giovani interessati a svolgere le prove, senza incontrare gli intoppi del traffico ordinario, e durante la pandemia le prove si sono svolte anche in ospedale. In una recente indagine svolta in Cina, i cui esiti possono essere parimenti considerati per la Corea del Sud, alla domanda per quali motivi si sarebbe disposti ad affrontare un indebitamento, la assoluta maggioranza delle famiglie ha messo al secondo posto il finanziamento degli studi universitari dei propri figli. E la spiegazione di tutto ciò è che in questi paesi l’istruzione scolastica e universitaria sono un potente ascensore sociale e il ruolo che rappresentano nella vita individuale e in quella sociale è così elevato da produrre anche, come effetti aberranti, regolamentazioni severissime nell’organizzazione della didattica, che in Occidente sarebbero improponibili e inaccettabili. Inoltre nelle scuole orientali si svolgono di sistema moltissime attività laboratoriali, c’è una cultura del “saper operare” in tutti i settori, mentre in Italia lo stato di fatto è che l’istruzione tecnica e la formazione professionale sono ancora percepite come il fanalino di coda della scuola pubblica, compresi gli ITS (Istituti Tecnici Superiori), che hanno pochi iscritti, nonostante i diplomati abbiano un tasso di occupabilità tra l’80 e il 90 %. Mentre mancano i laureati nell’area in molti settori tecnologici e scientifici.
Nell’ambito dell’Unione Europea l’Italia ha anche uno dei dati peggiori in termini di dispersione scolastica, che nel 2022 ha raggiunto il 12,7%, con punte del 16,6% in alcune aree regionali particolarmente depresse del Sud e, per ragioni opposte, raggiungendo una percentuale molto elevata anche in Veneto e nel Nord-est. Investire così tante risorse finanziarie in tecnologie avrà effetti significativi sulle disfunzionalità più macroscopiche della scuola italiana?
I laboratori e i nuovi ambienti d’apprendimento che saranno funzionanti negli istituti grazie al Piano Scuola 4.0 dovranno essere aperti anche la sera, messi a disposizione con patti di comunità ai soggetti in età scolare usciti dai percorsi curricolari ordinari e che possono essere recuperati con piani didattici personalizzati che riconoscano il potenziale di apprendimento di ognuno, come pure di adulti che cercano una nuova opportunità formativa per essere ricollocati nel mercato del lavoro, o di anziani interessati ad esperienze di istruzione ricorrente, necessarie al contrasto dell’analfabetismo funzionale o di ritorno. Non ha senso che un istituto scolastico investa 100.000 euro per attivare laboratori che vengono utilizzati quattro ore al giorno e solo per pochi giorni alla settimana. In Francia e nel Nord Europa le municipalità organizzano con le scuole turni serali di utilizzazione degli ambienti d’apprendimento, soprattutto laboratoriali”.
A DIDACTA 2023 “ambiente di apprendimento” è stata la definizione chiave del giro di boa che il sistema scolastico italiano sta affrontando con i primi passi del piano scuola 4.0. Definizione che da un lato si rifà al ben noto e accreditato concetto montessoriano dello spazio come educatore silenzioso, dall’altro richiama un risvolto ecologico dell’apprendimento, il suo equilibrio molto delicato e complesso nell’interazione tra l’attività del docente e quella dell’alunno, che coinvolge, insieme ai contenuti disciplinari e metodologici, l’esistenza di luoghi fisici, arredi, oggetti e tecnologie, con cui svolgere le attività didattiche. L’orizzonte che si sta delineando, verso il quale sono puntati gli sguardi e le valutazioni, anche di preoccupazione, di tutti gli attori che partecipano a questa imponente proiezione innovativa dell’istruzione, ha alcuni picchi che emergono su tutto il resto: l’apprendere come esperienza-esperimento-scoperta personale, che resti nella memoria e nella disponibilità del soggetto in formazione, nonché dei suoi docenti, grazie ad una documentazione costituita da artefatti didattici, significativi del suo personale percorso-processo di apprendimento; il carattere “pro attivo” dell’apprendere, cui deve corrispondere un fare e un saper fare, con un coinvolgimento sensoriale ed emotivo del soggetto, anche favorito dalla dimensione del gioco (gamification); l’interazione socializzante in un gruppo quale contesto fondativo dell’apprendere, il cogito ergo cum di cui ha scritto il filosofo Silvano Tagliagambe, curatore del volume Per un manifesto del digitale nella scuola; la modellizzazione e la simulazione come modalità intrinseche della conoscenza, in tutti i campi del sapere, scientifico, tecnologico e delle professioni, ma anche umanistico, nel quale la modalità della narrazione resta comunque imprescindibile. Tutte condizioni che sembrano trovare soddisfazione nelle tecnologie del digitale. Si va dalla robotica alle aule immersive, le cui pareti sono schermi su cui si proiettano immagini e simulazioni di contenuti disciplinari di ogni tipo, ai visori di realtà virtuale, ai dispositivi simili ad occhiali della realtà aumentata, con i quali è possibile associare e sovrapporre alla percezione del mondo reale la visione di immagini o contenuti multimediali con cui arricchire l’esplorazione e la conoscenza dell’oggetto percepito, sia esso un bene naturalistico o del patrimonio culturale. Una modalità già adottata da alcuni musei e parchi archeologici italiani, utilizzando la piattaforma e i dispositivi commercializzati dall’azienda “ARtGlass”, che ora estende anche alle scuole questa modalità di accesso al patrimonio artistico e culturale. Per lo stesso tema il gruppo “FEM”, consorziato ad “Haltadefinizione” e a “C2 Group”, ha presentato a DIDACTA l’ambiente laboratoriale “Pinxit”, con cui riprodurre, archiviare e promuovere in digitale le opere del patrimonio culturale di riferimento delle singole scuole, o le opere artistiche prodotte dagli stessi studenti.
Tornando al contesto della robotica, abbiamo chiesto a Filippo Bogliolo dell’Associazione “Scuola di robotica” di Genova: “Perché questo ambito della tecnologia si sta diffondendo in ogni ordine di scuola, dalla primaria all’università e come si spiega la grande attrattiva che rappresenta per le nuove generazioni? “Possiamo parlare di robotica in senso stretto o di robotica applicata. Nel contesto scolastico ha senso quest’ultima, utilizzata come strumento didattico per sviluppare esperienze di geometria e matematica e di programmazione informatica di base fin dalla primaria, oppure nella secondaria associando un drone alla portata delle eliche, alla componentistica elettronica, al sistema di tracciamento, alla sensoristica. Per altri tipi di robot umanoidi o con le ruote, si potranno richiamare alcuni principi del moto e della fisica, per esempio del piano inclinato.
Inoltre, a seconda delle diverse età di chi apprende, lo strumento robotico è un modello didattico che potenzia la motivazione all’apprendimento grazie alla dimensione del gioco, oppure grazie ad un accesso conoscitivo alla tecnologia, di cui si possono esplorare e sperimentare contesti applicativi diversi da quelli ordinari. Si tratta anche di un’introduzione al mondo del lavoro e sociale, in cui la robotica si sta diffondendo così tanto da poterla considerare un elemento costitutivo dell’ambiente di vita dell’umanità nel nuovo millennio”.