L’Arco di Traiano nel porto di Ancona: l’accesso sicuro all’Italia (parte prima)

Si è svolta a Fano, uno dei centri principali delle Marche romanizzate, la Vitruvius Summer school 2023, dedicata al tema L’Arco dall’antichità al mondo contemporaneo.
In una settimana densa di visite a monumenti di epoca varia, di comunicazioni e interventi condotti da studiosi di fama internazionale, il Centro Studi Vitruviani di Fano, l’Università Politecnica delle Marche di Ancona e l’ateneo di Urbino hanno proposto ai corsisti un percorso conoscitivo molto ampio dal punto di vista temporale e altrettanto articolato nei contenuti archeologici, storico-artistici, architettonico-urbanistici. La scuola estiva è stata anche l’occasione per affrontare temi di strettissima attualità, quali il supposto rinvenimento a Fano di un lacerto pavimentale della basilica progettata da Vitruvio e da lui stesso richiamata nel De Architectura, oppure temi lungamente dibattuti, ma di fatto ancora attuali, perché non risolti in termini documentali o di reperti archeologici probatori.
Eugenio La Rocca, Oscar Mei, Antonello Alici dell’UNIVPM di Ancona
Colonna Traiana, scena della partenza per la seconda campagna dacica( C. Cichorius LXXIX), 113 d.C., Roma
È il caso annoso dell’individuazione dell’Arco di Traiano e del porto di Ancona nella scena (Cichorius LXXIX) della Colonna Traiana in cui è rappresentata la partenza per mare dell’esercito romano condotto dall’imperatore per la seconda campagna dacica (105 d.C.). Risalgono all’Ottocento i primi saggi in cui tale individuazione è stata proposta (secondo lo storico locale Mario Natalucci la prima attestazione è stata quella di Wilhelm Frohner, 1865), ma già a partire dai primi del Novecento tali conclusioni furono contestate (Karl Lehmann-Hartleben, 1923), soprattutto per l’incompatibilità cronologica tra la fondazione del monumento onorario (114-115 d.C., secondo l’attestazione epigrafica che si trova sull’attico dell’arco, e la datazione della Colonna Traiana, conclusa nel 113 d.C., quindi in un tempo antecedente a quello del monumento anconetano Tra i docenti relatori della summer school, si sono occupati della questione il Prof. Oscar Mei, nell’ambito della sua più ampia relazione Gli archi di Rimini e di Ancona e la Porta di Fano, e Eugenio La Rocca, professore emerito di Archeologia classica alla Sapienza di Roma, che ha rilasciato un’intervista sul tema specifico.
Professore, cosa pensa della tradizione storico-archeologica, ormai secolare, secondo la quale la scena della Colonna Traiana che rappresenta la partenza per la seconda campagna dacica di Traiano nel 105 d.C, è ambientata ad Ancona, come dimostrerebbe l’arco che ne costituisce il simbolo di riconoscimento più rappresentativo?
Le fonti scritte non dicono da dove Traiano sia partito per le sue imprese militari in Dacia e non sta certo scritto sui rilievi della Colonna Traiana, che è un racconto per immagini. Comunque, quello che noi sappiamo per certo è che tra i grandi porti militari di Roma per l'Oriente, i più importanti in assoluto erano Brindisi, da cui normalmente si partiva per raggiungere le aree orientali dell'Impero romano, e Ravenna. Questo lo sappiamo anche perché quando l’imperatore Claudio, vincitore sulla Britannia, tornava dalla Gallia diretto ad Ostia, il porto di Roma, s’imbarcò a Ravenna, non ad Ancona. Quindi noi non abbiamo nessuna informazione precisa sul fatto che Ancona sia stata sede di un porto militare verso l'Oriente, per cui tutta la tradizione a cui lei faceva riferimento si basa esclusivamente sulla presenza di questo arco rappresentato sulla Colonna Traiana che in apparenza assomiglia effettivamente all'arco di Traiano. Ma la correlazione finisce qui e da qui inizia invece tutta una serie di problemi, primo tra tutti quello cronologico, ovvero l’antecedenza dell’inaugurazione della Colonna Traiana rispetto a quella dell’Arco di Ancona. Un altro problema è che sull’attico dell’arco non è rappresentato Traiano, mentre generalmente tutti gli archi onorari espongono la statua dell’imperatore cui l’arco è dedicato. Invece, sopra l'arco rappresentato nella famosa scena della Colonna Traiana, si riconoscono al centro la figura di Nettuno, con due giovani di lato, simili ai Dioscuri. La domanda è se per caso non si possa trattare di una raffigurazione di Augusto come Nettuno tra i due nipoti Gaio e Lucio Cesari come Dioscuri, figurazione allegorica che compare anche in alcune monete romane e questo porterebbe a ritenere che quell'arco sia dedicato ad Augusto, piuttosto che Traiano. E a Brindisi le fonti attestano effettivamente l’esistenza di un arco di Augusto, poi andato distrutto. Quindi l’ipotesi di Brindisi diviene più consistente. Ma sempre di ipotesi stiamo parlando, bene inteso!”.
Discordante dall’ipotesi di Eugenio La Rocca è la più recente pubblicazione sulla Colonna Traiana, che conferma l’identificazione della scena con l’Arco e il porto di Ancona. Si tratta del pregevolissimo Colonna Traiana. Atlante fotografico del fregio istoriato, realizzato dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, edito nel 2022 da Gangemi in un’edizione che consente di visionare l’opera completa riprodotta in altissima definizione su 32 tavole stampate di 48x48 cm.
Oscar Mei, coordinatore scientifico del Centro studi e docente di Archeologia classica all’Università di Urbino, ha riservato all’Arco onorario di Traiano una trattazione ricca di dati archeologici, nonché esplicativa dei rilevanti significati storici del monumento, che si è conclusa con una panoramica della sua iconografia, a documentarne la fortuna critica e la fama.
Arco di Traiano, 100 (?)-115 d.C., Ancona
Infatti, pur volendo escludere dalla memoria storica documentata del monumento quella, ancora in predicato, della Colonna Traiana, il repertorio di immagini che lo rappresentano si estende dal Cinquecento fino al Novecento, a dimostrazione del valore simbolico ed artistico riconosciuto all’Arco di Traiano in epoche tanto diverse. A riguardo Oscar Mei ha sottolineato due qualità specifiche dell’opera, che la configurano come un unicum nella serie storica degli archi onorari romani: una è la sua preminente verticalità, che dona alle membrature architettoniche uno slancio di straordinaria eloquenza formale; l’altro è una ricerca sistematica di essenzialità, proprio nei termini della vitruviana concinnitas, e di armonia nei termini di una ricerca di proporzionalità delle parti e di una loro vivace articolazione. Ciò appare tanto nelle strutture portanti dei pilastri e delle semicolonne (tre quarti di colonne quelle degli angoli esterni), scanalate e con capitelli corinzi, collocate ai lati del fornice (l’apertura dell’arco), come pure nei più minuti particolari architettonici della trabeazione, delle cornici, delle mensole, della specchiatura dell’attico centrale.
Arco di Traiano, particolare
E riguardo a quest’ultima è rilevante l’osservazione dell’archeologo Sandro Stucchi, secondo cui l’ampiezza della specchiatura delimitata dalla cornice in rilievo, non è invece proporzionata al testo dell’epigrafe dedicatoria all’imperatore, le cui ultime righe si rimpiccioliscono considerevolmente rispetto alle precedenti, come se quello spazio e la quantità di testo che avrebbe dovuto contenere non fossero stati progettati l’uno in funzione dell’altra, quindi come se l’epigrafe fosse stata aggiunta in un secondo momento, tanto è in contraddizione con la misura e la proporzionalità dello spazio in cui è stata collocata, rispetto all’insieme dell’opera. Sempre Stucchi ha notato altre due contraddizioni del corredo epigrafico dell’Arco di Traiano. La prima è che le epigrafi laterali dedicate alla consorte Plotina e alla sorella Marciana sono prive di specchiatura, quindi di cornice, convalidando l’ipotesi di un inserimento successivo alla progettazione e realizzazione originarie dell’arco. L’altra contradizione è che nel testo dell’epigrafe centrale, collocata sul fronte dell’arco rivolto verso la città, quindi concepita per la civitas-cittadinanza, non si faccia riferimento all’arco e alla sua dedicazione all’imperatore, ulteriore convalida che ab origine l’arco non fosse di carattere onorario.
Tornando all’intervento di Oscar Mei, lo studioso ha richiamato il parere dell’archeologo Guido Achille Mansuelli, secondo il quale l’arco di Traiano rivela un autore di cultura ellenistica, non a caso è stato fatto il nome di Apollodoro di Damasco, che rovescia le posizioni e interpreta con un abito mentale diverso da quello romano il concetto dell’arco onorario, anteponendo il valore autonomo della bellezza scaturita dalla ricerca di armonico accordo ed equilibrio tra le parti architettoniche, rispetto al valore simbolico del monumento, espressione celebrativa dell’autorità imperiale. Espressione che peraltro, nel caso specifico di Traiano, trovava le sue più solide motivazioni nell’essersi dimostrato provvido decisore di interventi infrastrutturali, di cui l’arco è l’espressione formale e simbolica più visibile, ma che comprende la costruzione delle strutture portuali di Ancona e del sistema viario per la mobilità a terra, collegando con un diverticolo la città dorica alla via flaminia e quindi a Roma. Tanta cura valse appunto a Traiano la dedica che “con la costruzione a sue spese anche di questo porto, ha reso più sicuro ai naviganti l’accesso all’Italia”. E’ a questo punto della sua relazione, che Oscar Mei ha fatto un riferimento analitico all’affascinante lettura storica e archeologica dell’arco di Traiano, proposta da Sandro Stucchi nel suo saggio del 1958 Il coronamento dell’arco romano nel porto di Ancona, nel quale ha argomentato l’ipotesi che la costruzione del monumento abbia interessato due fasi temporali ben distinte. Nella prima, coincidente all’incirca con l’anno 100 d.C., la costruzione non sarebbe stata concepita come arco onorario e non rispondeva ai caratteri propri di questa tipologia monumentale che, citando lo Stucchi, si trovava “lungo le strade o agli inizi dei fori, su ponti o nei porti, ma sempre celeberrimo loco per ricordare alle persone che vi passavano sotto il personaggio onorato nell’epigrafe dedicatoria dell’arco”. Essendo stato eretto in una posizione così decentrata, è da ritenersi che il monumento rispondesse invece ai caratteri, assai diversi per tipologia, di un arco ornamentale del porto, fortemente verticalizzato per essere visibile dal mare, e che fosse completamente privo di iscrizioni dedicatorie, simbolicamente associato alla soglia di passaggio dal mare alla terraferma, perciò sormontato dalla statua di Nettuno, e recante nella “chiave” al centro dell’arco, sulla faccia rivolta al mare, il ritratto allegorico di Oceano, contrapposto sulla faccia opposta alla figura di Tellus, dea della Terra.
L’ipotesi di Stucchi è ancor più affascinate se si considera che, diversamente da quanto affermato nel saggio dall’archeologo, l’arco originariamente non si sarebbe trovato “alla metà di un molo frangiflutto creato da Traiano”, ma al suo inizio.
Francesco Angeloni, La historia augusta da Giulio Cesare infino a Costantino il Magno, Roma 1641
Agostino Peruzzi, Dissertazioni anconitane del canonico Peruzzi, vol. I, tav. 2, Bologna 1818
Ciò sembra documentato da due medaglie di riferimento traianeo, la prima pubblicata da Francesco Angeloni nel 1641, il rovescio della quale rappresenta l’allegoria della Dacia soggiogata, e da Agostino Peruzzi nel 1818, nelle quali si vede a destra un arco assai verticalizzato come quello di Ancona e come quello raffigurato sul fregio della Colonna Traiana, sormontato anche in questi casi da statue e comprensivo di una scalinata che scende fino al mare, punto d’ingresso da cui si sviluppa a semicerchio il molo traianeo. Che questa potesse corrispondere alla conformazione reale del porto artificiale costruito da Traiano, comprensivo dell’arco circondato dal mare, lo ribadisce anche l’ingegnere Gustavo Bevilacqua, commissario incaricato per la conservazione dei monumenti nella provincia di Ancona, in una relazione tecnica del 1889, redatta in premessa all’intervento di restauro sull’arco traianeo a cura dal Regio Ministero della Pubblica Istruzione (all’epoca competente per la gestione del patrimonio artistico). La relazione di Bevilacqua inizia proprio come premessa dalle due medaglie già citate, argomentando come da queste sia possibile rilevare che “se l’Arco va congiunto dal lato di ponente col molo, dalla parte di terra mantiene scoperta e libera tutta la fronte, cui è aggiunta un’ampia scalinata, che dal piano del portico scende per la soglia dell’Arco al mare, mettendo in evidenza che tutta l’opera comprendente l’Arco e il molo sarà isolata e tutta circondata dalle acque. Dunque il molo anteriore al porto traiano non giungeva al luogo tenuto presentemente dall’Arco, ma fra questo e l’estremo del detto molo preesistente scorreva libero il moto ondoso del mare”.
Nella tavola illustrativa il molo di Traiano, che si piega a semicerchio verso ovest, è indicato con la linea tratteggiata “a”, mentre l’Arco è indicato con il n. 5 nella legenda.
Gustavo Bevilacqua, Sul porto e sull’Arco Traiano di Ancona, tav. 2, Ancona 1889
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Questo è un comunicato stampa pubblicato il 01-10-2023 alle 10:33 sul giornale del 02 ottobre 2023 - 644 letture
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