Eusebi: "Ancona e le Marche oltre la Memoria"

Martedì 27 gennaio 2015. E’ la Giornata della Memoria, quella che deve ricordare a tutti noi ma che deve soprattutto far conoscere alle giovani generazioni cos’è stato l’orrore dell’Olocausto.
Sono passati esattamente settant’anni da quando le truppe sovietiche entrarono ad Auschwitz, liberando i pochi sopravvissuti e rivelando al mondo cos’era avvenuto dietro quei cancelli maledetti, dietro i cancelli dei tanti campi di sterminio nazisti. Anche nelle Marche, anzi direi in particolare nelle Marche abbiamo il dovere morale di testimoniare la Shoa. Non a caso nella nostra Regione la presenza delle comunità ebraiche è diffusa e radicata. Ad Ancona la presenza di ebrei è ricordata già prima del Mille. Nei secoli seguenti la comunità crebbe ulteriormente, espandendo per l'importanza del porto e dei rapporti commerciali con il Levante. L'assoggettamento dal 1532 allo Stato Pontificio portò all'istituzione del ghetto nel 1555 e ad episodi di intolleranza che culminarono l'anno successivo nella condanna al rogo di 25 marrani (ebrei sefarditi provenienti dalla Spagna) nell’attuale piazza Enrico Malatesta. Per questo episodio ci fu il boicottaggio commerciale di due anni del porto. Nonostante tutto Ancona continuò a dimostrarsi città dell’accoglienza e dell’integrazione. Di conseguenza la comunità rimase tuttavia numerosa e prospera nel Seicento e nel Settecento. Nel Parco del Cardeto a picco sul mare, si estende l'antico cimitero, detto "Campo degli Ebrei", che fu utilizzato per le sepolture dal 1428 al 1860. A suo modo oggi è diventato un piccolo ma significativo frammento della nostra memoria e l’Amministrazione comunale deve far di tutto perché continui ad esserlo. Agli inizi del Novecento la comunità di Ancona contava migliaia di persone, oggi sono ridotte a poche centinaia pagando in parte l'emigrazione ma soprattutto le persecuzioni razziali dell'Olocausto.
Ecco, la giornata della memoria serve anche a questo, a ricordare il nostro passato, la nostra storia comune. Per non dimenticare. Per non aver paura. Quella paura che Eva Pickova (nata a Nymburk il 15 maggio 1929, deportata a Terezin il 16 aprile 1942 e morta ad Auschwitz il 18 dicembre 1943) in maniera così struggente racconta:
LA PAURA Di nuovo l’orrore ha colpito il ghetto,/ un male crudele che ne scaccia ogni altro./ La morte, demone folle, brandisce una gelida falce/ che decapita intorno le sue vittime./ I cuori dei padri battono oggi di paura/ e le madri nascondono il viso nel grembo./ La vipera del tifo strangola i bambini/ e preleva le sue decime dal branco./ Oggi il mio sangue pulsa ancora,/ ma i miei compagni mi muoiono accanto./ Piuttosto di vederli morire / vorrei io stesso trovare la morte./ Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!/ Non vogliamo vuoti nelle nostre file./ Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore./ Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato morire!
Questo è un comunicato stampa pubblicato il 26-01-2015 alle 14:53 sul giornale del 27 gennaio 2015 - 2783 letture
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