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Porti, accorpamento Ancona e Ravenna: Mancinelli e Simonella firmano una lettera per il Ministro Delrio

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valeria mancinelli

Dal sindaco Mancinelli e dall'Assessore Simonella arriva lo stop all'accorpamento dei porti di Ancona e Ravenna con la firma di una lettera (come promesso ndr) da parte delle istituzioni sociali, economiche e portuali che il presidente della Regione Ceriscioli il prossimo 14 luglio a Roma presenterà al Ministro Delrio.

Valeria Mancinelli venerdì mattina ha presentato alle istituzioni sociali ed economiche in Comune il testo da proporre al Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio contro l’accorpamento dei porti di Ancona e Ravenna. Un porto, quello di Ancona, che il Primo cittadino definisce “porto delle Marche” e per il quale ritiene perciò necessaria una “autonomia di governance. Su questo tema si sta muovendo molto bene il governatore delle Marche. L’accorpamento è una cosa sbagliata sul piano industriale per entrambe le città. Non c’è nessuna richiesta campanilistica”.

È l’Assessore al Porto Ida Simonella a esplicitare le motivazioni a favore delle autonomie dei due e prima fra tutte mette le diverse vocazioni. “Da una parte c’è il porto dorico, fondamentalmente turistico, dall’altra quello ravennate è principalmente concentrato sulle merci. Sta di fatto che ad Ancona passa il 19% del traffico complessivo italiano di passeggeri internazionali”. Vuole far valere la scelta dettata dall’Europa di inserire entrambi i porti nel cosiddetto Core Network europeo, ma in due linee di traffici completamente diverse. “Ancona è parte del corridoio Helsinki-La Valletta, asse di connessione tra Centro-Nord Europa e Mediterraneo, Ravenna è invece il terminale del Corridoio Adriatico-Baltico, strategico per i collegamenti con il Centro-Est Europa”. Se si pensa alla Macroregione Adriatico Ionica, diviene subito evidente come l’accorpamento “cancellerebbe gli ultimi quindici anni di storia che hanno reso il porto dorico l’unico nell’Adriatico con collegamenti verso tutti i Paesi della Sponda Orientale”. Politicamente sarebbe un esperimento: “si tratterebbe dell’unico accorpamento di core-network appartenenti a regioni diverse”. Dal punto di vista lavorativo c’è la convinzione che l’unificazione possa portare ad un collasso, poiché intorno al porto delle Marche “ruotano tremila lavoratori e decine di imprese, non solo in ambito mercantile, ma anche in altri settori, come la cantieristica, il trasporto, la pesca e i servizi. Gli investimenti si bloccherebbero e si andrebbe verso un circolo decisamente meno virtuoso dell’attuale”.

Il Presidente della Camera di Commercio di Ancona, Giorgio Cataldi chiude invitando il Ministro ad uscire dalla “filosofia secondo cui l’unificazione è sempre la soluzione migliore. In questo caso non è così e anzi, peggiora il problema. Da quindici anni lavoriamo per diventare leader della Macroregione e ora ci capita questo che sconvolge tutto. La soluzione che ci stanno proponendo è dannosa per entrambe le Regioni”.

Ecco la lettera originale.

Illustrissimo Ministro,
siamo consapevoli del fatto che la riforma proposta per il sistema portuale e logistico nazionale sia un passaggio necessario per ridare slancio all’intera economia del mare, settore strategico per lo sviluppo del Paese. Tuttavia, le notizie emerse nei giorni scorsi circa la costruzione del modello di governance dei porti e il possibile accorpamento delle Autorità Portuali di Ravenna e Ancona ci lasciano preoccupati e al tempo stesso fortemente scettici. L’apporto che vogliamo fornire però è costruttivo: vogliamo elencarLe alcune ragioni che inducono a ritenere più utile, ai fini del piano, che i porti di Ancona e Ravenna mantengano ognuno una propria autonomia strategica e di governance.

1. Le ragioni del mercato. I porti di Ancona e Ravenna, pur nella complessità dei traffici mercantili che ospitano, hanno da sempre due differenti vocazioni. Il primo è un porto traghettistico, il secondo è un porto fortemente concentrato sulla movimentazione di merci alla rinfusa tanto da essere tra i leader in Italia. Nel porto di Ancona, transitano ogni anno 1.200.000 passeggeri, via navi ro-pax, su rotte internazionali, registrando in questo settore il 19% del traffico complessivo italiano. Mezzi e merci che viaggiano sui traghetti vengono da Grecia, Turchia e Ungheria e in larga parte raggiungono il Centro Nord Europa. Lo scalo è lo snodo di un corridoio che da oltre venti anni contribuisce ad integrare le economie del Sud Est Europa con quelle del Centro-Nord Europa.

2. Le ragioni dell’Europa. L’Europa ha inserito entrambi i porti tra quelli strategici di primo livello, il cosiddetto Core-Network europeo. Sono tuttavia terminali di due Corridoi Europei diversi: Ancona, coerentemente alla natura dei suoi traffici, è parte del Corridoio Helsinky-La Valletta, asse di connessione tra il Centro-Nord Europa e il Mediterraneo. Ravenna (con Trieste e Venezia) è il terminale del Corridoio Adriatico-Baltico, strategico, invece, per i collegamenti con il Centro-Est Europa. Come chiede l’Europa forte è l’attenzione ai temi dell’intermodalità con investimenti già programmati.

3. le ragioni geo-strategiche. Sebbene entrambi collocati nell’ambito della Macroregione, il porto di Ancona, unico in Adriatico, ha linee di collegamento regolari via traghetto con tutti i Paesi della sponda Orientale, e contribuisce così da anni alla creazione e al rafforzamento di quelle forme di coesione e integrazione oggi accolte integralmente nella strategia EUSAIR. Strategico il possibile sviluppo verso l’Est del mondo, con soluzioni logistiche in cui possono giocare un ruolo gli altri nodi della piattaforma logistica regionale.

4. Le ragioni politiche. Si tratterebbe dell’unico accorpamento tra porti del core-network appartenenti a Regioni diverse, mentre in larga parte il modello che si va prospettando risponde ad una logica regionale. 5. Le ragioni del lavoro. Nel porto di Ancona ruotano circa 3.000 lavoratori, decine di imprese, non solo in ambito mercantile in senso stretto, ma in altri settori come la cantieristica, il trasporto, la pesca, i servizi. Il porto di Ancona corrisponde a circa il 2,6% del PIL regionale. Sono attivi investimenti per circa 52 milioni di euro, totalmente finanziati. La perdita dell’autonomia avrebbe un impatto fortissimo nella percezione di investitori ed armatori circa il ruolo strategico del porto, con seri rischi di avviarsi verso un circolo decisamente meno virtuoso dell’attuale.

6. Le ragioni del tessuto imprenditoriale e sociale. Infine il porto è la matrice identitaria di un’intera città da millenni. Sul porto si fonda lo sviluppo economico e anche culturale di un intero territorio. Nel porto convivono: realtà industriali di grandi dimensioni (basti pensare a Fincantieri) con imprese piccole e medie; settori tradizionali come la pesca (il terzo per flotta pescherecci) con aziende che competono a livello internazionale, su nicchie di mercato di altissima innovazione (la cantieristica di lusso), armatori e terminalisti con lunghissime tradizioni e operatori che ruotano attorno al mondo del turismo e della nautica da diporto, ospitando l’area una dei più grandi marina dell’Adriatico, conciliando le ragioni dell’economia con quelle della tutela del territorio. Altre e puntuali ragioni potrebbero essere utili argomenti per motivare il perché di questo ampio sostegno all’autonomia dell’Autorità Portuale di Ancona. Crediamo che già queste possano rappresentare spunti di importanti che siamo sicuri Lei, Ministro, terrà in considerazione.
Con fiducia.

Al tavolo odierno hanno preso parte oltre al Comune di Ancona: Camera di Commercio CGIL Marche e Ancona CISL Marche e Ancona CNA Marche e Ancona CNA Provincia di Ancona Confartigianato Ancona Confartigianato Trasporti Marche Confcommercio Marche Centrali FILT-CGIL Marche FIT-CISL Marche FIT-CISL Marche Italia Nostra Marche e Ancona Provincia di Ancona UIL Trasporti Marche





valeria mancinelli

Questo è un articolo pubblicato il 10-07-2015 alle 14:56 sul giornale del 11 luglio 2015 - 1250 letture