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Monossido killer in via di Vittorio, le esalazioni sprigionate da un generatore di corrente a benzina

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villetta via di vittorio
Sarebbe stato un generatore di energia elettrica a benzina situato in un vano in cantina a sprigionare le esalazioni di monossido di carbonio costate la vita a Fabrizio Volponi, il giovane ingegnere anconetano morto nella sua villa in via di Vittorio nella notte tra il 6 e il 7 gennaio scorsi.

Scagionata quindi la stufa a pellet, considerata inizialmente responsabile di aver saturato l'abitazione con il gas killer. Al sopralluogo effettuato poco più di una settimana fa, hanno partecipato carabinieri e vigili del fuoco ma anche Valeria Contigiacomo, la moglie di Volponi, che è potuta rientrare in casa dopo un mese dal terribile accaduto. La trentacinquenne il giorno della tragedia era stata ritrovata in fin di vita e quindi trasferita all'ospedale di Fano, dotato di camera iperbarica.

Il sopralluogo e gli accertamenti svolti da due esperti di caldaie incaricati dal pm Paolo Gubinelli per una perizia come atto irripetibile avrebbero accertato il buon funzionamento della stufa a pellet posizionata in mansarda e utilizzata per riscaldare l'abitazione poiché ancora era sprovvista degli allacci. Il colpevole sembrerebbe essere quindi il generatore a benzina: il motorino avrebbe sprigionato il monossido che dopo aver saturato la cantina, la finestrella era stata lasciata chiusa, sarebbe salito fino ai piani superiori uccidendo il giovane ingegnere e il suo amato pastore maremmano.





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