Storici dell’arte discutono su Pellegrino Tibaldi, Ancona e le Marche

Riuniti per due giorni a Palazzo Ferretti, sede del Museo Archeologico delle Marche, storici dell’arte italiani e stranieri hanno animato un serrato confronto di studi e ricerche sul tema “Pellegrino Tibaldi e le Marche”.
Promosso dal Polo Museale e dalla Galleria Nazionale delle Marche, in collaborazione con le tre Università di Roma, l’Università di Urbino, di Padova e Leicester, il seminario internazionale è stato introdotto da Peter Aufreiter, Nicoletta Frapiccini e Anna Maria Ambrosini, con il saluto di Marta Mazza, neonominata Soprintendente unica all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche.
Il tema centrale dell’incontro, ovvero la presenza di Pellegrino Tibaldi nelle Marche e, in particolare, ad Ancona e Loreto, è stato in realtà il varco aperto su un panorama molto più articolato di opere e artefici del tardo manierismo, soprattutto romano e bolognese, tra i quali Perin del Vaga, Daniele da Volterra, Girolamo Siciolante, Prospero Fontana, Giovanni Francesco Bezzi, detto il Nosadella.
Non sono mancate revisioni e puntualizzazioni relative all’autografia di alcune opere importanti, tra cui un fregio con figure di divinità attribuito a Tibaldi e invece ora ritenuto di Girolamo Siciolante per conduzione stilistica, mentre al primo sono riferiti il progetto architettonico e il prospetto del palazzo, al quale Maurizio Ricci ha associato, per analogia, quello di un altro palazzetto che affaccia sul lato breve di Piazza del Plebiscito.
Palazzo Ferretti è stato al centro di molte relazioni che lo hanno correlato alla storia della famiglia e, in particolare, di Angelo Ferretti che ha commissionato l’opera architettonica volendovi esaltare, con la sua posizione apicale nella trama urbanistica cittadina, con l’imponenza dell’alzato, con la magnificenza decorativa degli interni e la ricchezza dei materiali impiegati, l’ascesa economica e politica della sua famiglia, all’epoca l’unica di rango davvero aristocratico ad Ancona. Quanto fosse irrinunciabile l’ostentazione del lusso da parte del conte palatino Angelo Ferretti, lo dimostrano le sue dimissioni dalle cariche pubbliche nel 1557, presentate al solo fine di non dover sottostare alle leggi suntuarie emanate dallo Stato pontificio, come ha rivelato Pamela Galeazzi.
Tra le meraviglie di palazzo Ferretti, l’attenzione degli studiosi si è concentrata sugli affreschi della volta nel Salone delle feste, per i quali è stato definitivamente escluso il coinvolgimento di Tibaldi, e il cui recente restauro ad opera di Romeo Bigini è stato presentato da Maria Claudia Caldari, curatrice di un’imminente pubblicazione dedicata all’ultimo intervento conservativo e a quelli che l’hanno preceduto, oltreché alla ricostruzione storica dei diversi apparati decorativi, realizzati tra il 1577 e il 1930.
Tra le opere anconetane di Pellegrino Tibaldi pittore, il seminario ha soprattutto indagato gli affreschi della Loggia dei Mercanti, con una visita guidata da Marina Massa, e la pala d’altare raffigurante il Battesimo di Cristo, ora conservata nella chiesa di San Francesco alle Scale, ma realizzata per la cappella della chiesa di S. Agostino, su cui esercitava il patronato il mercante armeno Giorgio Morato.
La grande pala è ora priva delle tre tele che componevano la predella, disperse tra la Galleria Nazionale delle Marche, una collezione privata e la Pinacoteca di Brera.
Alla giovane studiosa Valentina Balzarotti, che ha affiancato nel coordinamento del seminario Anna Maria Ambrosini, dell’Università di Urbino, abbiamo chiesto notizie di un ciclo disperso di affreschi, strappati in epoca moderna dalla cosiddetta “camera d’oro” di Palazzo Ferretti e dal 1998 conservati al Musée des Beaux Arts di Montreal, raffiguranti le storie di Giuseppe ebreo: “Gli affreschi sono stati sicuramente ideati da Pellegrino Tibaldi, come attesta il suo disegno raffigurante Giuseppe liberato dalla prigione conservato al British Museum a Londra, mentre ciò che si può constatare dallo stato attuale dei dipinti è che sono stati eseguiti da collaboratori e non dallo stesso Tibaldi”. Infine, per un bilancio conclusivo del seminario, Vittoria Romani dell’Università di Padova, la studiosa che dopo Giuliano Briganti ha fornito i maggiori contributi per la conoscenza di Pellegrino Tibaldi, ha dichiarato: “Intanto abbiamo confermato quanto sia impegnativo studiare questo artista cosi complesso, attivo come pittore, architetto, plasticatore e quanto c’è ancora da scoprire. I contributi importanti del seminario sono stati molto numerosi, dal recupero degli affreschi di S. Andrea in via Flaminia a Roma, alla riconsiderazione della Pala anconetana del Battesimo di Cristo e delle sue predelle, alla riconsiderazione degli apparati pittorici di palazzo Ferretti, comprendendo la necessità di lavorare in sinergia tra storici, storici dell’arte e architetti, estendendo tali collaborazioni alla conoscenza dell’intero contesto anconetano, ancora parzialmente in ombra. Peraltro, la tradizione locale delle fonti ha molto allargato l’intervento del Tibaldi in Ancona, per esempio attribuendogli la fontana del Calamo, per la quale ancora mancano evidenze documentarie da cui partire per riconoscere anche soltanto un progetto riferibile all’artista”.
Michele Polverari, ambasciatore con molta pena di Pellegrino Tibaldi
Prima ancora del seminario internazionale, Michele Polverari aveva già acceso i riflettori sulla figura di Pellegrino Tibaldi e sulle due uniche opere pittoriche certe di Ancona: la tela raffigurante il Battesimo di Cristo e gli affreschi della Loggia dei Mercanti.
Con due conversazioni ospitate nell’atelier di Vittoria Ribighini, condotte all’insegna della competenza storico-artistica e di un eloquio brillante, gioviale ed ironico, il già direttore della Pinacoteca comunale ha segnalato lo stato del tutto inadeguato con cui la grande tela è attualmente allestita nella chiesa di San Francesco alle Scale, male illuminata anche dalla luce naturale, ad eccezione di una fascia oraria assai limitata, mentre l’illuminazione artificiale è inesistente. Inoltre, questa la proposta, sarebbe relativamente semplice riunire la tela alle altre scene più piccole della predella, nell’occasione di una piccola mostra temporanea per la quale si dovrebbero richiedere i prestiti dai musei e dal privato che attualmente le hanno in possesso.
Purtroppo è invece impossibile far ritornare le parti mancanti della decorazione ad affresco sulla volta della Loggia dei Mercanti, andate distrutte nei bombardamenti del 1943. Ma, in questo caso, la tecnologia digitale potrebbe quanto meno supplire con una proiezione virtuale, all’assenza fisica delle immagini dipinte. Polverari lo ha prefigurato in un fotomontaggio ottenuto grazie alla collaborazione del fotografo Gaetano Apicella, che ha ottenuto una simulazione cromatica digitale, utilizzando come base una foto in bianco e nero precedente al 1943.
Lo scorso anno è stato sperimentato qualcosa di molto simile dall’Università di Venezia con i dieci teleri che Giambattista Tiepolo dipinse per Ca’ Dolfin, attualmente conservati in tre diversi musei. In occasione dei 150 anni dalla fondazione di Ca’ Foscari, l’ateneo ha sperimentato la visita in realtà aumentata della stessa sala dove originariamente erano collocati i teleri, oggi Aula magna Silvio Trentin, attraverso la tecnologia dei visori olografici HoloLens. Con questi i dipinti sono ripristinati in forma di ologrammi e sovrapposti esattamente nella loro originaria collocazione, dando all’osservatore dotato del dispositivo tecnologico una visione d’insieme del magnifico salone settecentesco. Se lo ha fatto Venezia con Tiepolo, perché non sperimentarlo ad Ancona con Tibaldi?
Questo è un articolo pubblicato il 15-04-2019 alle 10:14 sul giornale del 16 aprile 2019 - 1833 letture
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