L’origine e la storia di Ancona tra due Soli: la fontana di Enzo Cucchi
Per circa un mese la “Fontana dei due soli” di Enzo Cucchi è rimasta all’asciutto, del tutto senz’acqua. Un clamoroso paradosso che l’ha resa desolata come un forno senza pane o una stazione senza treni.
Ma ora che l’acqua è tornata a sgorgare dalle sue tredici cannelle, l’occasione può essere colta per ripensare un’opera che tanto ha fatto discutere, com’è nella natura di un’autentica opera d’arte. Per farlo, invece di partire dal numero delle cannelle, un riferimento diretto alla fontana storica di Ancona, si può iniziare dal 1959, l’anno in cui Arturo Tofanelli, direttore della rivista “Successo”, propose a Pier Paolo Pasolini l’idea di un periplo italico, di un giro intorno alle coste nazionali da percorrere sulla strada, invece che in mare aperto. Insomma, un reportage pensato nella forma di un racconto ad episodi, per riferire ai lettori come si atteggiavano gli italiani di ogni ceto sociale che in quegli stessi anni stavano affollando spiagge e stabilimenti balneari delle riviere. Iniziata a Lerici e conclusa a Trieste, “La lunga strada di sabbia” Pasolini la percorse perlopiù al volante di una millecento Fiat e, per alcuni tratti, in compagnia di Paolo Di Paolo, il fotografo de “Il Mondo” in questi giorni celebrato al Maxxi di Roma con una retrospettiva memorabile, intitolata “Paolo Di Paolo. Mondo perduto”.

La “Fontana dei due soli” senz’acqua
Lungo il viaggio Pasolini fece tappa anche ad Ancona, scrivendone: “Ancona, città semplice e felice! E certo, malgrado la triste ricostruzione, una delle più belle d’Italia. Città senza lungomari, gremita, con perfezione, su una punta sulla cui vetta c’è la cattedrale e che fa si che Ancona dia su due mari. Ma il passeggio, la domenica, avviene sulla grande via che unisce i due mari, e da cui i due mari non si vedono: c’è un passeggio di terraferma”.
Ora, se a “mari” sostituiamo “soli” e a “passeggio” “passaggio”, si delinea un’interessante ipotesi interpretativa della “Fontana dei due soli” di Enzo Cucchi che, in un processo immaginativo parallelo a quello di Pasolini, ha prodotto un analogo miraggio di sdoppiamento, del sole invece che del mare. La natura duale della fontana, dichiarata nel titolo, richiama i due poli alle estremità del passaggio/passeggio che attraversa tutta Ancona (l’originario άγκων/gomito), un asse ideale e poi viario che collega un versante all’altro della città, l’orizzonte di levata del sole all’orizzonte di tramonto.
Quella del percorso solare è una simbologia molto potente e arcaica, per esempio riferibile a popolazioni italiche pre romane, come gli Umbri, che secondo gli archeologi traducevano gli assi ideali di levata-tramonto del sole, osservabili tra i solstizi e gli equinozi, in linee geo-metriche con cui tracciavano i confini dei propri insediamenti o dividevano i terreni agricoli. Per essere un simbolo e un tratto di tale passaggio della luce solare che segna l’identità stessa della città, la fontana di Cucchi è realizzata in modo tale da essere attraversabile, di poterci camminare in mezzo, delimitando un passaggio costituito da un vero binario di pietra che affiora sul pelo dell’acqua, un medium che questa rinfresca e rigenera di continuo
Ritornando alla tradizione storica delle tredici cannelle, non è allora azzardato ipotizzare a chi possa essere idealmente dedicato questo mezzo di passaggio, accogliente e rigenerante.

Olivuccio di Ceccarello, Dar da bere agli assetati, 1404, Pinacoteca Vaticana
Non può che trattarsi dei pellegrini che via mare, provenienti perlopiù dalla sponda orientale dell’Adriatico, già nel Medioevo sbarcavano ad Ancona, “la porta del Levante”, diretti a Loreto, oppure molto più lontano, a Roma, a Santiago di Compostela. Li ha magistralmente raffigurati Olivuccio di Ceccarello, il pittore di origini camerti, ma operante ad Ancona nell’ultimo quarto del Trecento, nella piccola tavola “Dar da bere agli assetati”, del 1404, compresa tra le “Opere di Misericordia” di un polittico originariamente collocato nella distrutta chiesa di Santa Maria della Misericordia e ora conservate nella Pinacoteca Vaticana. La foggia del cappello indossato dal pellegrino è molto simile a quella dei cappelli disegnati da Danilo Donati, il costumista preferito da Pasolini, per il film “Decameron”. A questi sembra essersi ispirato anche Enzo Cucchi per la forma simbolica associata ad ognuna delle cannelle della fontana, che si conclude con i palmi aperti delle due mani, come a ricevere un’offerta, l’acqua e un agontano, la moneta che la zecca di Ancona coniava alla fine del Duecento.

Pier Paolo Pasolini su set di "Decameron"

Fontana dei due soli, particolare
Sbarcato da traghetti e navi da crociera, il turista pellegrino del terzo millennio trova ad Ancona un’oasi culturale nella “Fontana dei due soli”, asciutta (si spera solo nella forma, d’ora in avanti!), allungata e stirata, come tante altre opere grafiche, pittoriche e scultoree di Cucchi, quasi astratta e metafisica, anti monumentale, come solo un’architettura dei paesaggi urbani di Mario Sironi degli anni ’20-21 può esserlo, per esempio “Il molo”. Il pellegrino visitatore, come pure il cittadino desideroso di sentirsi a casa propria, attraversano la fontana-oasi, passando sul binario arcano delle origini solari e della storia di Ancona, traguardano l’Arco clementino e l’Arco di Traiano, vedono e toccano le cartoline con i monumenti della città che Enzo Cucchi ha spedito in rilievo sulla superfice della ceramica nera, tra cui il Lazzaretto vanvitelliano trasformato in vasca per pesci allegri e, infine, si riposano sui lunghi sedili di pietra a prendere l’ultimo sole, non quello simbolico, del tramonto. Se la forma è tanto asciutta da essere quasi metafisica, l’uso della “Fontana dei due soli” è quanto di più domestico e familiare si potesse auspicare per un’opera a dimensione urbana: un grande risultato per Enzo Cucchi, un grande valore per la città di Ancona.

Questo è un comunicato stampa pubblicato il 26-04-2019 alle 09:52 sul giornale del 27 aprile 2019 - 6194 letture
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