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comunicato stampa
Tag Costa Mare: basta fake news sull'area marina protetta del Conero

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Sgomberiamo il campo dagli equivoci sull’AMP del Conero: equivoci e informazioni errate stanno deviando una corretta comprensione nella importante scelta a cui gli enti sono chiamati per il gioiello del mare marchigiano

Il “TAG Costa Mare –Comitato Torri A Guardia della Costa e del Mare Adriatico", raggruppa tutte le associazioni di protezione ambientale, di maggiore rilevanza nazionale e regionale sui temi della salvaguardia degli ambienti marini (Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Marevivo, Marche Rifiuti Zero, Associazione Ornitologi Marchigiani, Slow Food, Società Operaia “G.Garibaldi”, WWF), ed ha un proprio Gruppo Tecnico- Scientifico in cui convergono esperti di varia estrazione disciplinare e che lavorano per la credibilità di quanto attuato e programmato dal Comitato. Per sgomberare il campo dalle informazioni parziali, se non false, circolate nei giorni scorsi, anche in riscontro ad un comunicato di questo Comitato, vorremmo chiarire i seguenti punti:

1. Le Aree Marine Protette (AMP) non precludono la pesca nelle zone di tutela parziale, e queste in vari studi si sono mostrate efficaci per l’incremento di biodiversità. Le aree marine protette di Torre del Cerrano, in Abruzzo, e di Torre Guaceto, in Puglia, hanno sperimentato con successo attività di cogestione della pesca, creando nuove opportunità di mercato per la piccola pesca artigianale locale.

2. Il “whale watching” è l’attività di osservazione dei cetacei che non solo sono presenti presso il Conero anche in aree marine prodige alla costa (si vedano vari video di avvistamento dei delfini sul web) ma è una attività di interesse e che può metter assieme anche altre le attività - già presenti a Numana della fondazione Cetacea - inerenti le tartarughe marine. Da vedere anche nella accezione più ampia di “sea-watching”.

3. Le Zone di Tutela Biologica (ZTB) sono strumenti di regolamentazione non alternative ma complementari alle Aree Marine Protette, come già sottolineato in più occasioni dalla comunità scientifica e dal Prof. Roberto Danovaro, ecologo marino di fama internazionale e docente all’Università Politecnica delle Marche. Al contrario delle Aree Marine Protette che sono affidate in gestione ai Comuni (o al Parco regionale di cui i Sindaci sono responsabili delle nomine) come le altre 30 aree marine protette istituite in Italia, le Zone di Tutela Biologica sono definite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, senza gestione.

In dettaglio di seguito vediamo lo sviluppo degli argomenti punto per punto (riferimenti bibliografici indicati tra parentesi con il numero in nota): L’importanza della scelta dell’Area marina protetta per il Conero è indubbia e limpida per tutti. Il concetto stesso di area protetta, comprende molteplici obiettivi di conservazione delle dinamiche e processi ecologici fra la componente “vivente” biotica e “non vivente” abiotica (e.g. geomorfologia). Coinvolge, quindi, molteplici aspetti che non si riducono alla sola fauna ittica. Certo, però, che pur volendo confrontarsi solo sull’aspetto della presenza di fauna ittica, tra le varie misure di protezione vanno considerate le limitazioni alla pesca amatoriale. Questo non significa bandire le attività, ma semplicemente regolamentarle, in particolare quelle meno invadenti come la pesca con la canna, rendendole accessibili in relazione al mantenimento dello stato di conservazione delle unità ambientali che hanno permesso l’istituzione dell’AMP, ovvero degli habitat caratterizzanti e dei loro servizi ecosistemici a lungo termine.

L’effetto riserva (ER) è ad esempio uno di questi servizi e consiste nell’ aumento della densità e taglia delle specie bersaglio all’interno di una AMP in confronto ad aree di controllo in cui la pesca non è ben regolamentata (1). Avere un maggior numero di soggetti adulti, che sono invece proprio i trofei ricercati nella pesca subacquea, significa aumentare il numero di uova prodotte, e quindi di nuovi individui (2). In uno studio su 6 AMP nel bacino del Mediterraneo (3) si è dimostrato l’effetto positivo nella taglia degli individui campionati all’interno dei confini delle AMP rispetto ai campionamenti effettuati al di fuori di esse. Importante notare come nelle AMP studiate ci fossero sia AMP con zone a riserva integrale (corrispondenti alla zona A della Legge Quadro 394/91) sia zone a riserva orientata assimilabili alle zone B e C. In queste ultime, i pescatori locali possono pescare previa autorizzazione dell’autorità di gestione. La zona C è una zona tampone fra le aree di maggior interesse in termini di biodiversità e le aree esterne all’AMP dove le restrizioni sono meno rigorose. Questo a supporto del fatto che, nonostante l’alleggerimento dei vincoli come proposto per l’AMP “Costa del Conero” gli ecosistemi naturali e semi-naturali oggetto di tutela, svolgono un ruolo non solo di conservazione, ma anche di aumento delle taglie per le specie in esse ospitate. L’ “effetto riserva” ha quindi una valenza spaziale e temporale di lungo termine che va a beneficio delle stesse attività di pesca sportiva amatoriale.

A differenza della pesca amatoriale, la piccola pesca professionale, svolta in maniera artigianale, rappresenta una delle attività economiche di maggiore rilevanza per le comunità di borghi e cittadine costiere (incluso l’indotto che alimenta). La pesca ha nei secoli condizionato l’architettura dei borghi, gli stili di vita e l’organizzazione sociale delle comunità costiere del Mediterraneo. I pescatori, dal canto loro, sono e sono stati i custodi ed i vettori di un patrimonio straordinario di cultura popolare. Lo sviluppo tecnologico e l’aumento della domanda dovuto al consumo non solo locale dei prodotti di pesca, tuttavia hanno determinato un aumento progressivo dello sforzo di pesca con conseguenze negative sulle risorse. Per questi motivi, eccetto che nelle zone A (riserva integrale), la piccola pesca può essere praticata anche nelle AMP, che rappresentano straordinarie occasioni per testare modelli di gestione della pesca a piccola scala, coniugando esigenze di utilizzazione delle risorse e la conservazione, attraverso una valorizzazione nella filiera corta, sia commerciale che della ristorazione.

Sia presso l‘AMP Torre del Cerrano, in Abruzzo che nell’AMP di Torre Guaceto, in Puglia, sono state avviate attività sperimentali di co-gestione della pesca che hanno visto coinvolti pescatori, AMP e ricercatori, fino anche ai trasformatori e commercianti locali dei medesimi prodotti. Sono stati condivisi protocolli di gestione (tipo di rete, frequenza di cala, disposizione spaziale delle reti) e fino ad oggi, in un lavoro svolto congiuntamente in un’ottica di gestione adattativa, con importanti risultati (4). I risultati raggiunti sono attribuibili a molti fattori: protezione reale dell’AMP, un piano di monitoraggio appropriato ed una effettiva collaborazione da parte dei pescatori. Questi esperimenti di pesca in AMP, hanno innescato nuovi mercati (filiere di qualità ed ecosostenibilità) cosa che induce i pescatori ad organizzarsi in entità consorziate estremamente utili sia per la commercializzazione del prodotto, sia per la capacità di accedere ai finanziamenti (5).

L’argomento del Sea-whatching, l’osservazione del mare, dei suoi fondali e delle specie presenti, che nelle AMP va per la maggiore con attività di snorkeling, immersioni in apnea e con auto-respiratore, con attività fotografiche e video, con escursioni in Kayak o SUP, etc. va approfondita. In una visione un po’ più completa ed articolata di un’area marina protetta non può non essere preso infatti in considerazione il concetto di „whale-watching“ e limitarsi a darne oggi, nel 2020, una traduzione semplicistica e scolastica del termine è decisamente dozzinale e molto riduttivo. Oggi per fortuna è stato sdoganato dalla sua concezione originale propria dei soli balenieri, dove il termine si limitava ad essere il frutto di annotazioni delle rotte migratorie dei cetacei per fini di caccia e commercializzazione (6). Il termine in sé oramai ha assunto una valenza scientifica quanto socio economica ed è inteso anche nel senso più ampio di Sea-Watching, di osservazione cioè delle meraviglie del mare che vanno dal grande cetaceo al piccolo nudibranco che cammina su una rara pianta marina. Il whale-watching è divenuto un sistema che abbina l’osservazione (e ricerca) dei Cetacei tutti (non solo balene, ma questo anche gli addetti ai lavori oramai lo sanno (7) ad una osservazione generica degli ecosistemi marini, mettendo a sistema il beneficio socio economico che ne consegue, ben maggiore di qualunque altra attività settoriale che richiede capacità ed attrezzature molto specialistiche (8, 9).

Un ragionamento a parte va fatto per le Zone di Tutela Biologica (ZTB) che si continuano a presentare come uno strumento alternativo all‘Area Marina Protetta. Affermazione quanto mai falsa. Sono due strumenti differenti che hanno scopi differenti e che, tra l’altro potrebbero anche coesistere. Non a caso nell’AMP di Miramare la ZTB costituisce una zona di protezione esterna. Le ZTB sono aree di mare aperto, di solito molto ampie (si vedano quella alle Barbare, di fronte Ancona, e quella enorme al centro dell’Adriatico della Fossa di Pomo), geograficamente definite e legislativamente regolamentate, istituite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per salvaguardare e ripopolare le risorse marine in relazione alla necessità di avere una costante presenza di prodotto per una migliore gestione economica della pesca.

Per le ZTB non è prevista alcuna forma di gestione locale. Non è prevista, infatti, alcuna politica di valorizzazione dei luoghi e tantomeno di salvaguardia naturalistica per motivi legati alla tutela della biodiversità. Conseguentemente le ZTB non hanno collegamenti con i settori del turismo e della fruizione del mare a fini diportistici. La ricerca scientifica che vi si svolge è finalizzata al miglioramento della produzione ittica e poche sono le opportunità di avere risorse, anche solo per ricerche scientifiche (10). Nulla a che vedere quindi con l’istituzione di una AMP, che, invece, a cura del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, costituisce uno strumento di pianificazione e programmazione che investe la comunità tutta per migliorare lo sviluppo locale in termini di sostenibilità. Nulla vieta, comunque, se proprio ci si tiene tanto ad avere una ZTB che l’Area Marina Protetta ne possa avere una adiacente, ampia come si addice a questo tipo di strumento, che regoli l’attività di pesca dal bordo esterno dell‘AMP per 3 miglia verso il largo, in modo da creare una „buffer zone“, una zona cuscinetto per le attività di pesca industriale, quello che la legge quadro sulle aree protette n.394/1991 definisce "Aree Contigue“.