Piano casa: cosa attendersi?

La legge sugli ampliamenti edilizi, emanata per fronteggiare la crisi economica, poteva essere più ampia, e comunque funzionerà solo se la burocrazia collaborerà.
Il Collegio dei Costruttori (ANCE Ancona), Confartigianato, CNA, intervengono in tema di “Piano Casa”, ossia quella legge Regionale, emanata sulla base di un accordo Stato-Regioni, che consente l’ampliamento del 20% degli immobili esistenti e sino al 35% in caso di demolizione e ricostruzione. Il “piano casa”, nell’intenzione di chi lo ha proposto, aveva lo scopo di riavviare le attività economiche attraverso il traino della attività edilizia, che come noto è capace di incidere, oltre che nelle costruzioni (settore che sta espellendo imprese e lavoratori), su tanti altri settori dell’economia, dalle materie prime (industrie del cemento, legno, ferro, vetro, pietra, ceramica) ai mobili, agli elettrodomestici, alle attività professionali e di servizio connesse; tutto ciò attingendo al risparmio privato, e quindi senza uso di risorse pubbliche.
Abbiamo atteso la legge e poi le delibere dei Comuni che potevano circoscriverne l’applicazione oppure meglio adattarle alla propria strumentazione urbanistica, entro 45 giorni.La volontà politica che si riconosce nella legge regionale è certamente quella di dare la massima applicazione al piano casa; la legge è per alcuni versi più ampia di quella di altre regioni e tuttavia è complessa; nella applicazione pratica dobbiamo infatti constatare oggi quale siano le conseguenze dei tanti vincoli di vario genere, che si sono nel tempo sovrapposti sul nostro territorio e che lo hanno sostanzialmente già bloccato in partenza (zone a tutela integrale dei PRG, Parchi, zone in dissesto idrogeologico, fondovalle e crinali). Accade poi che, in un piano in definitiva applicabile quasi solo in zona agricola, il Comune di Ancona escluda dall’applicazione della legge la gran parte delle case rurali, in virtù del loro rilievo storico e paesaggistico, perdendo l’occasione per risanare i tanti ruderi sparsi nelle campagne. Osserviamo che la legge riguarda solo interventi su edifici esistenti, che quindi comportano un modestissimo consumo di nuovo suolo, non vi era quindi motivo di escludere dalla applicazione della legge tutto quel territorio, limitandone fortemente l’impatto economico. Tutte le indicazioni provenienti da tecnici ed imprese ci dicono oggi che, per un motivo o per l’altro, ai tanti casi esaminati la legge risulta applicabile eccezionalmente.Le norme inoltre scoraggiano l’investitore per gli oneri che gli pongono a carico: è richiesto un altissimo livello di sostenibilità energetico ambientale (2,5 del Protocollo ITACA), oltre ai contributi di costruzione è prevista una vera e propria tassa (la cosiddetta monetizzazione degli standards) che nel Comune di Ancona raggiunge livelli altissimi (da 200 a 470 € a mq di aree da cedere).In questo momento di crisi continuiamo ad auspicare che Regione e Comuni di favoriscano un generale e rapido avvio di interventi diffusi sul territorio. Riteniamo importante ricordare ai Comuni, ed in particolare ai loro assessorati ed uffici tecnici, che hanno oggi in mano l’applicazione della legge, che questa non è una normale normativa edilizia, perché il suo scopo dichiarato è: “il riavvio dell’ attività edilizia al fine di fronteggiare la crisi economica”.
È interesse di tutti oggi che il risparmio privato vada a sostenere l’economia produttiva, e per questo il ruolo degli uffici tecnici dei Comuni è quindi importante in questa crisi e da loro ci si attende pertanto la massima collaborazione; ciò vuol dire favorire la più ampia applicazione delle norme, “ammettere” più che “vietare”, “accelerare” più che “rallentare” i progetti e gli investimenti, perché il tempo in questa crisi, è un fattore sempre più determinate per la vita o per la morte di tante imprese. C’è il timore, da parte delle Associazioni di rappresentanza delle imprese del settore edile, che nei Palazzi e negli uffici non ci sia stata sino ad oggi grande consapevolezza della gravità della crisi del settore delle costruzioni, che invece è strategico proprio per uscire dalla crisi. Quando si legge in una delibera come quella del Comune di Senigallia che certi interventi possono essere fatti nelle zone agricole “esclusivamente da imprenditori agricoli” il dubbio appare assolutamente legittimo. Mentre alcuni, dilettandosi in sofismi nel tentativo di coniugare “economia e salvaguardia della valorizzazione del territorio”, di fatto bloccano da tempo ogni iniziativa, altri – molto più drammaticamente – si chiedono se l’impresa di cui sono titolari o dipendenti uscirà dal tunnel di questa crisi.
Questo è un comunicato stampa pubblicato il 17-12-2009 alle 15:23 sul giornale del 18 dicembre 2009 - 1125 letture