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comunicato stampa
L'On. Lodolini aderisce al progetto delle Macroregioni

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onorevole lodolini
La riforma del Titolo V sia l’occasione per procedere ad un riassetto complessivo dello Stato e delle sue articolazioni. Per questo motivo ho firmato, insieme ai colleghi Daniela Gasparini, Marina Sereni, Gero Grassi, Filippo Fossati, Vincenza Bruno Bossio, Maria Chiara Carrozza, Diego Zardino, Stefania Covello, Lia Quartapelle, Marina Berlinghieri, Massimiliano Manfredi il documento appello di Dario Ginefra, Enzo Amendola ed Ernesto Carbone che propone di dar vita ad una riforma che non si limiti a introdurre qua e là dei piccoli aggiustamenti, ma che riarticoli forma e modalità di funzionamento delle Regioni fino a prevedere la nascita delle macroregioni".

Il presente appello intende raccogliere stimoli e fermenti che stanno animando in maniera ampia e trasversale il dibattito su una possibile revisione complessiva dell’impalcatura istituzionale dello Stato, non per pianificare a tavolino convergenze politiche in nome di un calcolo e di una visione meramente tattica. La riforma del Titolo V della Costituzione è materia delicata e complessa, che richiede una capacità di prospettiva e un’ottica di lungo periodo: c’è bisogno, allora, di mettere assieme idee, progetti, sensibilità che possono venire da più parti. Parti anche contrapposte sul piano della politica, ma che devono e possono incontrarsi nel momento in cui si tratta di ridefinire l’impianto complessivo delle regole e il quadro dei rapporti fra cittadini, politica e istituzioni. Del resto, è quello che fecero i Padri Costituenti quando definirono la struttura che sorregge la Nazione: misero da parte le differenze politiche, che pure c’erano ed erano forti e decise, e ricercarono quel minimo comune denominatore in nome del quale fu trovato non certo un compromesso, ma un incrocio e una convergenza tra le grandi visioni ideali che animavano il dibattitoe il confronto. Una convergenza per poter edificare un edificio che durasse per il futuro, mettendo fra parentesi le divisioni del presente: perché, per l’appunto, si trattava non di governare il presente, ma di progettare il futuro di una Nazione e dei suoi cittadini. Questo è quello che siamo chiamati a fare oggi. Progettare per il futuro, e non ricercare compromessi sul governo del presente. E crediamo che le condizioni per trovarci, insieme, attorno a un simile progetto, ci siano tutte: le dobbiamo accogliere, coltivare, far crescere.

Costruire per il futuro, dicevamo. Per poterlo fare, occorre sviluppare una capacità di lettura critica e insieme obiettiva del passato. Un passato che costituisce base fondante e imprescindibile del lavoro che ci aspetta. Un passato rappresentato innanzi tutto dall’opera di quei Padri Costituenti già richiamati e dallo spirito che li animò. Quando nella Costituzione venne inserita la previsione delle Regioni come tasselli fondamentali della struttura dello Stato, si guardava evidentemente alla precedente esperienza di uno Stato centralizzato e accentratore, e si intendeva inserire nella struttura istituzionale i possibili correttivi e anticorpi proprio per evitare le degenerazioni del passato. La nostra Costituzione, e questo va sempre ricordato, è definita da pesi e contrappesi, individuati per assicurare il giusto equilibrio nel rapporto fra enti e poteri: quell’equilibrio che garantisce la qualità democratica della dialettica istituzionale e politica. Da una parte, dunque, l’impianto unitario dello Stato italiano. Dall’altra parte il decentramento amministrativo assicurato con la previsione dei poteri e delle competenze delle Regioni. Va allora letto in quest’ottica il successivo processo con cui tali competenze e tali poteri sono stati declinati e si sono intersecati con le comunità e con i territori, con le Regioni a Statuto Speciale prima e le Regioni a Statuto Ordinario dopo. Un processo attraverso il quale certamente le Regioni hanno rappresentato uno snodo fondamentale dell’intelaiatura dello Stato.

Uno snodo, per di più, le cui attività e le cui decisioni hanno avuto ricadute più immediate, e per questo più leggibili e riconoscibili, rispetto alla vita dei cittadini. D’altro canto questo stesso processo, nel tempo, ha portato alla strutturazione delle Regioni come centri di gestione della spesa pubblica che, piuttosto che fluidificare i meccanismi della macchina statale, hanno replicato, se non amplificato e moltiplicato, le contraddizioni dello Stato centrale in un settore tanto delicato come quello, per l’appunto, della gestione economica e insieme programmatica delle risorse e dei servizi. E allora, recuperando e rilanciando lo spirito originario con cui le Regioni furono previste nella nostra Costituzione, e salvaguardando quel carattere di ganglio vitale dell’impiantoistituzionale che tuttora esse rivestono, si può e si deve ripensare a una ridefinizione della loro struttura. Il nostro appello va in questo senso: crediamo che sia possibilemettere mano a una riforma del Titolo V della Costituzione che non si limiti a introdurre qua e là dei piccoli aggiustamenti, ma che riarticoli forma e modalità di funzionamento delle Regioni. Per farlo, dicevamo, è opportuno, addirittura doveroso, raccogliere le migliori energie e le migliori idee che possono provenire da più parti.

Un dibattito, articolato e ricco di spunti e di stimoli, c’è già. Intendiamo mettere a frutto e a sintesi, per l’appunto, questa vivacità di dibattito. Non possiamo non muovere i primi passi della nostra riflessione dagli indirizzi e dalle prospettive che ci vengono dall’Europa. Nel quadro dell'ordinamento istituzionale europeo e delle politiche in atto (in particolare delle politiche di coesione e di "Europa 2020"), le regioni e le collettività locali appaiono, infatti, come una grande risorsa e una grande opportunità per l'Unione e per gli Stati membri. Le nuove aree regionali sono macroregioni transnazionali, a carattere territoriale, funzionale, reticolare e «a geometria variabile», che l'Unione europea si dispone a gestire, con l’obiettivo di promuovere il superamento delle disparità locali tramite interventi a vario livello, sulle disponibilità infrastrutturali, sulle reti energetiche, sui trasporti ecc. Questa nuova forma di regionalismo europeo può aprire nuovi percorsi per la realizzazione di politiche volte alla produzione di beni pubblici di livello europeo (ambiente, sviluppo sostenibile, capitale umano ecc.) in forme efficaci e legittimate.

Questo, allora, è un primo grande orizzonte su cui lavorare: laprospettiva di un nuovo regionalismo macroregionale. In quest’ottica, l'approccio funzionale appare come una strada di sperimentazione che è opportuno intraprendere. Si tratta, in sostanza, di progettare e sperimentare forme di cooperazione, che vadano oltre la logica tradizionale della prossimità territoriale, e si realizzino invece intorno alle reti funzionali che attraversano i diversi territori, secondo configurazioni di diversa lunghezza e "a geometria variabile". È all’interno di questo quadro, allora, che occorre ripensare ilruolo delle aree regionali, nel contesto dei nuovi percorsi digovernance europea e più in generale globale. Promuovere un possibile regionalismo in chiave glocal, che consenta di sostituire ai tradizionali modi di governo nuove tecniche di gestione più diretta, più efficace, più rispondente ai bisogni delle comunità e dei territori. Attorno a questo nucleo di proposte e a questi snodi intendiamo chiamare a raccolta contributi ideali, politici e operativi che consentano un ampio e ricco lavoro intellettuale.

La sfida che lanciamo è impegnativa ma non impossibile. Crediamo che la nostra proposta sia nelle condizioni di incontrare un consenso più trasversale di quello che si potrebbe immaginare. Una serie di dichiarazioni in questo senso, che testimoniano un consenso crescente, da nord a sud, ci fanno ben sperare.

Roma, 26 marzo 2014 Dario Ginefra, Enzo Amendola, Ernesto Carbone



onorevole lodolini