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Referendum. Lodolini: "La riforma del Titolo V è fondamentale per garantire un diritto alla salute uguale per tutti"

3' di lettura

Tra gli aspetti più rilevanti della riforma costituzionale vi è senza dubbio la revisione del titolo V della Costituzione e, più precisamente, dell'articolo 117, che attiene alla divisione delle competenze legislative tra Stato e Regioni su determinate materie.

Dopo l'entrata in vigore della legge del 2001, la Corte costituzionale è stata investita da una mole di ricorsi da parte delle Regioni contro leggi statali e viceversa, in relazione alla divisione delle competenze legislative. Proprio per superare questa impasse, la riforma costituzionale modifica l'articolo 117 ridefinendo la potestà legislativa esercitata da Regioni e Stato ed eliminando le materie concorrenti. Un aspetto fondamentale anche per quanto riguarda il nostro sistema sanitario.

Ad oggi la Costituzione riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale" (art. 117, comma 2, lett. m), e invece attribuisce alla competenza concorrente la materia "tutela della salute” e “ricerca scientifica" (art. 117, comma 3).

Con la riforma costituzionale si ampliano le competenze statali prevedendo l'esclusività della potestà legislativa non solo nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (i c.d. Lea) ma anche nelle "disposizioni generali e comuni per la tutela della salute e per le politiche sociali". Se escludiamo l'organizzazione dei servizi sociali e sanitari lungo il territorio regionale e la programmazione delle attività ordinarie, con la nuova legge di revisione costituzionale, ogni altro aspetto riguardante il nostro sistema sanitario sarà gestito dallo Stato.

La centralizzazione di talune competenze appare come una mossa non solo necessaria ma anche utile per la salute e le tasche dei cittadini. Tasche svuotate in 15 anni di più di cento miliardi di euro, come ricordato recentemente dal Ministro Lorenzin. L'obbiettivo, perciò, è quello di mettere fine alla difformità dell'offerta sanitaria persistente ad oggi sul territorio nazionale che ha comportato la frammentazione dei servizi e un eccesso ormai insopportabile di burocrazia. Una situazione contorta che ha creato, de facto, 21 sistemi sanitari differenti: uno per regione. Un aspetto che, nel corso degli anni, ha provocato la crescita del divario tra regioni e reso evidente la disuguaglianza tra i cittadini italiani nell'accesso alle cure sanitarie. Differenze che quotidianamente incidono sui costi dei ticket, sui tempi di accesso alle terapie o sulle tempistiche di acquisizione dei farmaci da parte delle regioni.

Ma non solo, come ha ricordato Walter Ricciardi, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, il cambiamento che deriverà dalla riforma costituzionale sarà fondamentale anche per la ricerca "perché questo campo è fatto di investimenti. Che vengono soprattutto dall’estero e, in questo settore, gli investitori si aspettano e chiedono un’Italia stabile, competitiva, che, oltre ad avere persone capaci, sappia anche utilizzarle al meglio. Quindi il cambiamento costituzionale è importante anche in questo settore".

La proposta di riforma costituzionale che sarà sottoposta a referendum non sfocia in un centralismo rischioso per il paese ma lascia alle regioni la possibilità di interagire in maniera costruttiva con le direttive nazionali. Aspetto per nulla scontato che equilibra intelligentemente il rapporto di forza tra Stato e regioni. Queste ultime avranno in mano la flessibilità per adattare, in relazione alle richieste del proprio territorio, i percorsi socio-sanitari necessari, mentre tutto avverrà sotto il coordinamento dello Stato.



Questo è uno spazio elettorale autogestito pubblicato il 13-10-2016 alle 23:59 sul giornale del 15 ottobre 2016 - 10125 letture