Giorgio Fuà, un 'grande cantore' dello sviluppo

“Dobbiamo educare il giovane a riflettere che quanto impara oggi dovrà servirgli anche per lavorare domani”. Con questa citazione da Giorgio Fuà, Gian Luca Gregori, preside della facoltà di Economia di Ancona, ha aperto i lavori del convegno Sviluppo economico e benessere, dedicato a Giorgio Fuà a 10 anni dalla scomparsa.
L’incontro, che si conclude oggi all’Istao, è organizzato dalla facoltà di Economia dell’ateneo dorico, dall’Istao e dall’Associazione degli Economisti di Lingua Neolatina, istituzioni create con il contributo del grande economista italiano. Gregori ha anche ricordato che, fin dagli inizi, Giorgio Fuà coinvolse nella docenza eccellenti giovani studiosi provenienti da vari atenei italiani e di tutte le discipline: Beniamino Andreatta, Claudio Napoleoni, Guido M. Rey, Massimo Paci, Achille Ardigò, Sergio Anselmi, Sabino Cassese, Riccardo Varaldo, Roberto Ruozi, Ornello Vitali, Giuseppe Avondo Bodino, per citarne solo alcuni. Così, “già dagli anni ’60 e ’70 la facoltà di Economia di Ancona divenne punto di riferimento nazionale e internazionale per lo studio e per le ricerche economiche, grazie alla qualità del corpo docente e all’impostazione innovativa dei corsi di studio. In effetti – ha ricordato Gregori -, Fuà sosteneva che bisogna “partire dai fatti per cercare di interpretarli (…), fare ricerca con intento operativo, studiare quei problemi che richiedono una decisione.”
Il rettore Marco Pacetti ha sottolineato come gli eventi importanti, nazionali e internazionali, che si svolgono alla facoltà di Economia G. Fuà, siano dimostrazione della rilevanza assunta dall’istituzione. “Merito certo dell’operato di Giorgio Fuà che “in facoltà aveva chiamato a insegnare ad Ancona giovani e brillanti studiosi, dando un’anima alla facoltà e contribuendo a farla crescere.” Sulla stessa linea il presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca, il quale ha detto che a Giorgio Fuà le Marche devono tantissimo e senza di lui, “probabilmente, non sarebbero quello che oggi sono. Ci ha dato la consapevolezza di appartenere a un modello, da lui stilizzato, che caratterizza la parte più efficiente del nostro Paese, il Nordest-Centro: un’economia senza fratture, dove la coesione sociale è la base della competizione economica, cui partecipano tutti gli attori della crescita qualitativa di un sistema, pubblici o privati.”
“Era il suo insegnamento e ancora oggi noi ci sentiamo impegnati su questo, per offrire alle Marche uno sviluppo che, pur interpretando un cambiamento tumultuoso, abbia il minor numero di fratture”, ha concluso Spacca. E stata poi la volta degli interventi introduttivi dei rappresentanti degli enti organizzatori, cui è seguito un evento d’eccezione: la lectio magistralis tenuta dal governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, che ha preceduto l’apertura dei lavori. L’intervento di Draghi si è incentrato su Crescita benessere e compiti dell’economia politica, un quindicennio dopo. La situazione italiana preoccupa il Governatore, perché l’economia fatica a crescere e a creare reddito, colpendo soprattutto le prospettive dei giovani. L’Italia fatica a tenere il passo; i problemi, purtroppo, non sono solo di oggi; infatti il Paese, dati alla mano, ha cominciato a rallentare già nei decenni che hanno preceduto la crisi globale e nell’analisi di Draghi non ci si può neppure cullare nell’idea che il male è comune, perché se è vero che la crisi c’è per tutti, non colpisce tutti allo stesso modo. L’Italia perde competitività rispetto alle economie emergenti, ma rallenta anche nei confronti dei partner europei. La produttività è il nodo principale e se il mezzogiorno accusa le difficoltà più gravi, per Draghi è evidente che è tutto il territorio, in maniera uniforme, a dibattersi nella stagnazione.
Quindi? Guardare avanti vuol dire guardare soprattutto ai giovani. “L’inazione è sostenibile per un periodo anche lungo, però potrebbe generare un declino protratto - ha detto il governatore di BankItalia; ma quegli stessi indicatori mostrano che l’inazione ha anche costi immediati; la ricchezza è il frutto di azioni e di decisioni passate mentre il Pil, legato alla produttività, è frutto di azioni e di decisioni prese guardando al futuro; privilegiare il passato rispetto al futuro esclude dalla valutazione del benessere la visione di coloro per cui il futuro è l’unica ricchezza: i giovani”. Dunque, bisogna ripartire con attenzione al capitale umano e, in questa prospettiva, Draghi chiede di stabilizzare il lavoro precario per avere ricadute positive sull’intero sistema. Tra gli argomenti trattati durante le sessioni di approfondimento, il problema dei paesi a sviluppo tardivo, sul quale si sono soffermati alcuni esponenti della facoltà di Economia G. Fuà, unitamente a studiosi provenienti da altri atenei europei. In particolare Giuseppe Canullo della facoltà di Economia di Ancona ha evidenziato i legami esistenti tra crisi finanziaria e la fragilità dell’economia reale propria dei suddetti paesi. José Reis dell’Università di Coimbra, ha posto l’accento sui rapporti tra centro e periferia d’Europa in un contesto di crisi e sulla necessità di intervenire non con autonome strategie nazionali, ma in un quadro d’insieme che incoraggi un reale processo di integrazione.
Dermot McAleese del Trinity College di Dublino, ha invece tracciato uno scenario della crisi irlandese e delle misure da attuare in vista di una possibile ripresa; una riflessione sull’andamento dell’economia spagnola dopo la crisi del 2008 ha infine costituito l’oggetto della trattazione di Antonio Vasquez Barquero, dell’Università Autonoma di Madrid. Nella sessione dedicata a qualità del lavoro, capitale umano e assetti demografici, Alberto Quadrio Curzio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha sottolineato l’importanza dell’investigazione di Giorgio Fuà e della sua azione formativa e operativa, vale a dire della capacità di tradurre i contributi scientifici in valutazioni e indicazioni concrete; un’immagine di Fuà dunque promotore di ricerca e al contempo interlocutore di imprenditori e rappresentanti delle istituzioni, combinando scienze economiche e scienze umane con una forte sensibilità storica. Di attualità tutta italiana, i contributi di Massimo Livi Bacci dell’Università degli Studi di Firenze e di Massimo Paci dell’Università La Sapienza di Roma, i quali si sono soffermati sui processi demografici e sulle politiche sociali di promozione delle capacità lavorative, così come l’intervento di Mauro Gallegati della facoltà di Economia G. Fuà, che ha fornito una rappresentazione dell’evoluzione di fondo dell’economia del paese dall’Unità a oggi.
Serena Chiucchi della Facoltà di Economia di Ancona ha infine ricordato l’enfasi posta da Fuà sulla soddisfazione del lavoro obiettivo che deve “caratterizzare l’operato dell’imprenditore civilmente e culturalmente impegnato” ed “elemento irrinunciabile del benessere collettivo”, mentre M. Giovanna Vicarelli, proveniente dalla medesima Facoltà, si è concentrata sul ruolo di una crescente presenza femminile nel funzionamento dell’economia. Tra i ritratti di Fuà che sono emersi durante i lavori, spicca quello, molto sentito, tratteggiato da Giacomo Vaciago dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha definito l’economista come un convinto assertore della missione miglioratrice della investigazione scientifica; scopo dell’economia, sosteneva infatti Fuà, è di “contribuire al benessere della popolazione e in questo quadro l’economista è un artigiano capace, che a fini di bene usa gli strumenti a disposizione - pur conoscendone i limiti - nel miglior modo possibile.”

Questo è un comunicato stampa pubblicato il 06-11-2010 alle 16:21 sul giornale del 08 novembre 2010 - 2489 letture
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